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Pillole di condominio: Conseguenze della mancata approvazione dei bilanci

Preventivo e consuntivo sono due documenti contabili la cui redazione è di competenza dell’amministratore e che devono essere approvati dall’assemblea. Essi sono di fondamentale importanza per la gestione del condominio e, per quanto collegati, hanno funzioni diverse.

Il preventivo è lo strumento attraverso il quale l’amministratore chiede ai condomini il versamento in anticipo delle somme occorrenti per la gestione delle parti comuni, ovvero per affrontare le spese di manutenzione ordinaria ed eventualmente straordinaria, nonché per la conduzione dei servizi condominiali.

L’amministratore redige pertanto il documento nel quale indica le somme che ritiene necessarie per portare avanti fattivamente la gestione condominiale e ne chiede l’approvazione all’assemblea.

La cadenza annuale della gestione finanziaria del condominio è prevista direttamente dalla legge (artt. 1135, comma 2, n. 1, c.c. e 66, comma 1, Disp. att. c.c.).

Ai sensi del comma 1, n. 10, dell’art. 1130 c.c. l’amministratore deve poi rendere il conto annuale della propria gestione, convocando a tal fine l’assemblea entro 180 giorni. Anche in questo caso, come previsto dall’art. 1135, comma 1, n. 3, c.c., è l’assemblea a dover provvedere all’approvazione del rendiconto annuale dell’amministratore.

Il rendiconto è sicuramente uno degli obblighi più importanti dell’amministratore nei confronti del condominio, in quanto esso rappresenta lo strumento attraverso il quale viene reso noto ai condomini il modo in cui sono state impiegate le somme che questi hanno messo a sua disposizione per la gestione condominiale.

L’amministratore, ove richiesto dai condomini, deve anche mettere a loro disposizione i documenti relativi agli esborsi sostenuti durante l’anno e indicati nel consuntivo (le c.d. pezze giustificative).

Infatti, come previsto in via generale per il mandato dall’art. 1713 c.c. chi gestisce un bene altrui ha l’obbligo di rendiconto, dovendo rendere al mandante il conto del suo operato e rimettergli tutto ciò che ha ricevuto a causa di esso. L’approvazione del rendiconto da parte del mandante ha quindi la funzione di certificare l’adempimento del mandatario al contratto di mandato e attribuire certezza al saldo contabile, che diviene così oggetto di obbligazione di una parte nei confronti nell’altra, nel senso che dall’approvazione del conto di un’attività di amministrazione possono scaturire obbligazioni di pagamento e/o di consegna di beni acquisiti o strumentali all’amministrazione, a carico e a favore di ognuna delle parti.

La mancata approvazione del consuntivo e/o del preventivo.

In ragione della diversa funzione svolta dai predetti documenti contabili è ovvio che differenti siano anche le conseguenze della loro mancata approvazione da parte dell’assemblea.

Cominciamo per semplicità dall’ipotesi della mancata approvazione assembleare del consuntivo. Occorre a questo proposito specificare che questa circostanza può verificarsi sostanzialmente per due ordini di motivi.

In primo luogo può trattarsi di un semplice incidente di percorso, laddove all’assemblea manchino i numeri per procedere all’approvazione del documento contabile.

Infatti, per quanto per l’approvazione del consuntivo e del preventivo sia sufficiente la maggioranza semplice, quindi il voto favorevole della maggioranza dei presenti all’assemblea che rappresenti almeno 1/3 del valore millesimale dell’edificio, può anche avvenire che alla riunione non sia presente un numero di condomini tale da raggiungere detto quorum.

In questo caso, come detto, si tratta semplicemente di un episodio isolato, che potrà essere agevolmente risolto con la convocazione di una nuova assemblea, nella quale raccogliere il numero di voti necessario per la legittima approvazione del consuntivo.

E infatti evidente che un consuntivo approvato senza la maggioranza prevista dalla legge sarebbe annullabile dai condomini che abbiano votato contro e da quelli assenti nei successivi 30 giorni, decorrenti dall’assemblea per i primi e dal ricevimento del verbale per i secondi.

Maggiormente problematica è invece la seconda ipotesi, ossia quella in cui l’assemblea, pur avendo una maggioranza sufficiente per approvare il consuntivo, bocci il documento predisposto dall’amministratore. In questo caso, infatti, vista la funzione del consuntivo, che è sostanzialmente quella di validare l’attività di gestione svolta dall’amministratore, è evidente come la mancata approvazione di essa renda manifesta la perdita di quel rapporto di fiducia tra compagine condominiale e amministratore, fatto che dovrebbe portare quest’ultimo a rassegnare le dimissioni o che dovrebbe comunque spingere l’assemblea a nominare un nuovo amministratore (anche se in questo caso, come è noto, è necessaria una maggioranza qualificata, ossia la maggioranza dei presenti che rappresenti almeno i 500 millesimi del valore dell’edificio).

In questi casi la mancata approvazione del consuntivo predisposto dall’amministratore sarà difficilmente sanabile con una nuova votazione. Infatti, molto probabilmente, ove l’amministratore restasse in carica e portasse all’esame dell’assemblea lo stesso identico consuntivo, lo stesso sarebbe di nuovo bocciato.

Vi è però anche la possibilità, ove si tratti di contestazioni circoscritte, che l’amministratore faccia ammenda e provveda a presentare a una nuova assemblea il rendiconto corretto, che potrebbe quindi essere approvato.

In caso contrario, ove si provveda alla sostituzione dell’amministratore, generalmente viene dato incarico al nuovo mandatario di verificare la contabilità condominiale e portare all’esame dell’assemblea un nuovo documento contabile, ferme eventuali responsabilità del precedente amministratore.

Ancora più complessa è poi l’ipotesi in cui l’assemblea bocci il preventivo formulato dall’amministratore. Anche in questo caso quest’ultimo potrebbe comunque valutare di accogliere le richieste sottese alla mancata approvazione del documento contabile e presentare in una nuova assemblea un diverso preventivo per ottenerne l’approvazione.

In caso contrario è evidente come la mancanza di un preventivo pregiudichi seriamente la possibilità per l’amministratore di raccogliere i fondi indispensabili per la gestione dei beni e dei servizi comuni. Si potrebbe ricorrere a una soluzione tampone.

La giurisprudenza infatti ammette che l’assemblea, in attesa dell’approvazione del bilancio preventivo, possa autorizzare l’amministratore a richiedere ai condomini dei pagamenti provvisori, con riserva di successivo conguaglio sulla base del bilancio approvato e tenuto conto dei valori millesimali attribuiti a ciascuna proprietà individuale (si veda sul punto Cass. civ., sezione seconda, 27 marzo 2003, n. 4531). Tuttavia occorre uscire velocemente dall’impasse.

Ecco perché, ferma sempre la possibilità per l’amministratore di rinunciare al mandato per giusta causa, l’unico strumento possibile pare essere quello del ricorso dei condomini alla volontaria giurisdizione ai sensi dell’art. 1105, ultimo comma, c.c., per la richiesta al Tribunale di un provvedimento utile e necessario alla prosecuzione della gestione annuale del condominio.

Fonte: https://www.condominioweb.com/conseguenze-della-mancata-approvazione-dei-bilanci.19611

Pillole di condominio: Casa vacanze

L’AFFITTO BREVE

L’attività di casa vacanza consiste nella locazione turistica sporadica di immobili arredati, siano essi appartamenti, case, ville, per più periodi all’anno non superiori a tre mesi.

Negli ultimi anni un numero sempre maggiore di proprietari di seconde e terze case ha scelto di mettere a reddito il proprio immobile sfruttando la formula dell’affitto breve.

Una tipologia di locazione vantaggiosa, perché permette di massimizzare i profitti modulando i prezzi in base alle richieste stagionali e consente di godere, entro certi limiti, di una tassazione agevolata.

Quando si tratta di ville e case indipendenti non ci sono problemi.

Ma se invece l’immobile si trova in un condominio possono sorgere questioni difficili da districare.

CASA VACANZE IN CONDOMINIO

Molto spesso, infatti, i condòmini si preoccupano per il via vai di estranei all’interno dell’edificio.

E nascono situazioni di disagio legate, ad esempio, agli errori nella raccolta dei rifiuti da differenziare o ai rumori notturni.

Così chi abita in uno stabile dove si svolge attività di casa vacanze si appella al regolamento condominiale, per cercare di impedire ai proprietari di seconde e terze case di sfruttare l’affitto breve in condominio.

Affitto breve in condominio: il regolamento può vietarlo?

REGOLAMENTO CONDOMINIALE

Quando scatta la lite tra condòmini il punto è sempre lo stesso: l’affitto breve in condominio è consentito oppure vietato?

Dipende dal regolamento condominiale e dalla sua interpretazione.

Stessa cosa vale anche per l’attività di Bed & Breakfast.

Capire fin dove arriva la libertà del proprietario nel disporre del proprio bene non è sempre facile.

In mancanza di uno specifico divieto posto dal regolamento condominiale contrattuale, l’attività di casa vacanze può essere praticata in ambito condominiale senza preventiva approvazione dell’assemblea.

Qualora vi sia un divieto contenuto nel regolamento contrattuale le clausole restrittive della proprietà esclusiva dei condòmini devono essere formulate in modo espresso o non equivoco.

Fondamentale per non lasciare alcun margine di incertezza sul loro contenuto e sulla loro portata.

Per quanto riguarda l’attività di Bed & Breakfast, molti condòmini si appellano al fatto che si possa paragonare a quella alberghiera.

Quindi la considerano illecita se nel regolamento c’è scritto, appunto, che non si può svolgere nello stabile attività alberghiera.

Quando i regolamenti sono poco chiari possono essere portati in contenzioso di fronte a un giudice.

Ed è proprio il punto di vista del giudice che fa la differenza.

PILLOLE DI CONDOMINIO – Disinfestazione blatte in condominio: quali sono gli obblighi dell’amministratore

Le blatte rappresentano un problema per tanti condomini italiani: questi scarafaggi possono invadere le zone circostanti o addirittura annidarsi all’interno dei pozzetti fognari e tombini esterni non chiusi ermeticamente.

La proliferazione si verifica soprattutto in estate, incentivata dalle condizioni ambientali umide e calde.

Molto spesso le blatte si intrufolano nelle case rendendo la vita dei condomini assai difficile.

La disinfestazione da blatte diventa così uno degli interventi più richiesti dagli edifici cittadini.

Per evitare che la situazione degeneri, è importante effettuare ogni primavera un intervento di deblattizzazione.

Ecco quali sono gli obblighi dell’amministratore di condominio.

Disinfestazione blatte in condominio: come si gestisce

In molte città italiane il Comune emana delle ordinanze annuali dove vengono avvisati i cittadini dell’imminente deblattizzazione.

Da parte loro, anche gli amministratori condominiali hanno una serie di obblighi.

I condomini devono, infatti, prevedere una spesa periodica per la prevenzione da infestazioni di vario tipo, tra queste spiccano le blatte che rappresentano un vero e proprio problema soprattutto nelle città più affollate.

L’amministratore condominiale deve ordinare almeno tre deblattizzazioni da marzo a ottobre, gestite sotto forma di manutenzione ordinaria.

C’è da precisare che la disinfestazione non riguarda il singolo immobile ma le parti comuni del condominio, che devono poter essere godute al meglio da tutti.

Nel caso in cui una sola persona avverta il problema delle blatte nel suo immobile può agire privatamente, informando il resto del condominio.

Quando si parla di disinfestazione in condominio si parla, quindi, di manutenzione ordinaria.

Le spese quindi devono essere sostenute dal conduttore che vive nella casa, quindi anche dalla persona che è in affitto o usufrutto.

Quando, però, la situazione diventa insostenibile per tutti si può chiedere un intervento condominiale di emergenza e – in questo caso – si parla di manutenzione straordinaria.

L’amministratore deve avere il lascia passare della maggioranza dell’assemblea.

La spesa della disinfestazione deve essere suddivisa in base ai millesimi di proprietà.

Pillole di condominio – L’amministratore accede alle proprietà private

L’amministratore ha diritto di accedere alle proprietà esclusive quando ciò sia necessario per la tutela delle parti comuni.

Capita spesso, infatti, che l’amministratore, da solo o con tecnici, abbia la necessità di effettuare dei sopralluoghi per risolvere problematiche legate alla gestione delle parti comuni.

Di fronte a tale richiesta, il condòmino è obbligato a collaborare, facendolo entrare nella propria abitazione, anche se questo indubbiamente può creare dei disagi.

Tuttavia, in tali casi i proprietari non possono sottrarsi dal prestare la propria collaborazione per la risoluzione della questione che riguarda le parti comuni.

In caso contrario, il legale rappresentante del condominio può ottenere tutela in sede giudiziaria così come disposto dall’art. 843 del Codice Civile.

Questa disposizione impone al proprietario di consentire l’accesso alle unità immobiliari in proprietà esclusiva al fine della manutenzione di beni o servizi comuni.

L’accesso deve essere consentito all’ amministratore, quale legale rappresentante del condominio, e ai tecnici o al personale dal medesimo incaricato.

Aspetto centrale per determinare in quali casi il singolo condomino sia obbligato a dare il proprio assenso all’accesso di terzi al proprio appartamento è sicuramente quello del carattere necessario dell’adempimento ai fini della manutenzione del bene comune.

Fonte: https://www.condominioweb.com/accesso-dellamministratore-alle-proprieta-private.18666

Pillole di condominio: Green Pass in condominio

Con il decreto Green Pass n. 127/2021 si stabiliscono anche le regole, relative all’obbligo di esibire la certificazione verde, nell’ambito delle realtà condominiali. Non vi sono in realtà delle norme specifiche attraverso le quali si definisce nel dettaglio in quali contesti nei condomini è richiesto il pass, ma è possibile comunque trarne un vero e proprio regolamento.

Partiamo dagli obblighi in capo all’amministratore di condominio, che ricoprirà il ruolo del datore di lavoro nell’ambito dell’applicazione delle norme sul Green Pass, nei casi in cui vi siano dei dipendenti, e diviene invece committente nel momento in cui vengono commissionati un appalto o un contratto d’opera.

L’amministratore del condominio diventa poi mandatario nel quando affida l’incarico ad un professionista per una data opera intellettuale, e infine riveste il ruolo di acquirente all’atto di acquisire forniture di beni e servizi.

Green Pass: obblighi per amministratore e dipendenti del condominio

L’articolo 3, comma 1 del decreto legge n. 127/2021 – che introduce l’articolo 9-septies nel decreto legge 22 aprile 2021, numero 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 87/2021 – stabilisce che “a chiunque svolge attività lavorativa nel settore privato è fatto obbligo, ai fini dell’accesso nei luoghi in cui la predetta attività è svolta, di possedere e di esibire su richiesta la certificazione verde Covid-19”.

Tra chi è tenuto ad esibire il Green Pass, se richiesto e quanto meno all’amministratore, nell’ambito della realtà condominiale è ad esempio l’addetto al servizio di portierato o di vigilanza ma anche coloro che con il condominio abbiano un rapporto di lavoro dipendente.

Ci sono però altre situazioni che necessitano di essere meglio definite, come il caso di una prestazione nelle parti comuni, ad esempio con assegnazione in appalto. In questo caso il controllo del green pass spetta al datore di lavoro dell’azienda in quanto esterna e indipendente dal condominio.

Tuttavia vi sono obblighi anche a carico del committente, cioè quelli definiti dall’articolo 26 del Dlgs 81/2008 inerenti la verifica dell’idoneità tecnico professionale “dell’impresa appaltatrice o dei lavoratori autonomi della stessa ai sensi dell’articolo 47 del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al Dpr 445/2000”.

Eppure sulla figura dell’amministratore il decreto non entra nel dettaglio, e non vi è traccia di chiarimenti neppure nella pagina delle FAQ sul sito del ministero dove viene specificato solo che “il libero professionista quando accede nei luoghi di lavoro pubblici o privati per lo svolgimento della propria attività lavorativa viene controllato dai soggetti previsti dal decreto legge 127/2021”.

Ciò vuol dire che accedendo negli ambienti del condominio è tenuto a rispettare tutte le norme in vigore nell’ambito della cosiddetta emergenza Coronavirus, compreso l’utilizzo delle mascherine protettive.

Obbligo di Green Pass per assemblea condominiale?

Non ci sono invece obblighi legati al possesso e all’esibizione del Green Pass nel contesto dell’assemblea di condominio. Infatti i partecipanti, stando a quanto si legge nel decreto, non sono tenuti ad avere il pass, a meno che la riunione non si svolga in luogo chiuso in ristoranti, istituti e luoghi di cultura, centri culturali, sociali e ricreativi, strutture ricettive.

Il pass verde non è obbligatorio quindi per l’assemblea condominiale in sé, ma è legato al luogo in cui si svolge, e subentra nel momento in cui questa si tiene nei luoghi indicati all’articolo 3, comma 1, lettera a, c, d, g del dl 105/2021.

Il controllo del Green Pass quindi in questi casi non spetta all’amministratore del condominio, bensì al titolare o al personale da lui predisposto, dell’attività commerciale, o in generale al gestore di altro luogo rientrante tra quelli sopra citati.

In merito allo specifico tema delle riunioni di condominio però non arrivano indicazioni né dal Cts, né dall’Istituto Superiore di Sanità. Resta da spiegare in modo inequivocabilmente chiaro come ci si debba comportare nell’ambito di assemblee condominiali in spazi comuni del condominio stesso o presso lo studio dell’amministratore di condominio.

Tuttavia dal momento che la riunione di condominio non è configurabile come incontro di lavoro, sembrerebbe chiaro che la legge attualmente in vigore non impone nessun obbligo di Green pass per i partecipanti.

Gli obblighi in capo all’amministratore di condominio che organizza l’assemblea e al presidente che conduce la stessa, sono circoscritti all’aspetto della sicurezza in chiave anti-contagio. Ciò vuol dire che rimane l’obbligo di indossare la mascherina in ambienti chiusi, la sanificazione degli ambienti e il rispetto delle altre norme valide per l’accesso nei luoghi chiusi.

Pillole di condominio: Bonus facciate

Bonus facciate: Cos’è?

Il bonus facciate è un’agevolazione fiscale che consiste in una detrazione d’imposta del 90% per interventi finalizzati al recupero o restauro della facciata esterna degli edifici esistenti, di qualsiasi categoria catastale, compresi gli immobili strumentali. Gli edifici devono trovarsi nelle zone A e B, individuate dal decreto ministeriale n. 1444/1968, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai regolamenti edilizi comunali.

A chi spetta?

Possono usufruire dell’agevolazione tutti i contribuenti, residenti e non residenti nel territorio dello Stato, soggetti Irpef e soggetti passivi Ires, che possiedono a qualsiasi titolo l’immobile oggetto di intervento. La detrazione non spetta a chi possiede esclusivamente redditi assoggettati a tassazione separata o a imposta sostitutiva.
Quindi ne possono beneficiare diritto sia i proprietari, nudi proprietari, usufruttuari che i locatari o comodatari residenti e non residenti in Italia.

Ne possono usufruire sia persone fisiche che imprese. E’ valido anche per chi possiede l’immobile ma non ha reddito o IRPEF accedendo all’agevolazione grazie alla possibilità di fruire dello sconto in fattura e della cessione del credito.

Che tipo di intervento?

L’agevolazione comprende tutti gli interventi di recupero e restauro che devono necessariamente riguardare edifici esistenti di qualsiasi categoria catastale.

Sono ammessi al beneficio esclusivamente gli interventi sulle strutture opache della facciata, su balconi o su ornamenti e fregi, compresi quelli di sola pulitura o tinteggiatura esterna. Nello specifico si può trattare di lavori di consolidamento e rinnovamento, pulitura e tinteggiatura. Sono compresi anche i balconi, i fregi, gli ornamenti, i parapetti, i cornicioni.

La detrazione non spetta, invece, per gli interventi effettuati sulle facciate interne dell’edificio, se non visibili dalla strada o da suolo ad uso pubblico.

Quali sono gli interventi ammissibili:

– pulitura e tinteggiatura esterna delle superfici opache verticali;

– interventi su balconi, ornamenti, fregi. Compreso il rifacimento della pavimentazione e il rinnovo dei parapetti;

– interventi sulla facciata che interessano dal punto di vista termico o su una superficie di intonaco superiore al 10% della totale disperdente lorda. È quindi possibile realizzare il cappotto o ripristinare una certa superficie di intonaco accedendo al 90%, ma rispettando determinati indici;

– interventi sulle lattonerie e sulle parti impiantistiche da sistemare per il decoro urbano (limitatamente a quelle insistenti sulle parti opache delle facciate).

Per quali spese?

La detrazione è riconosciuta nella misura del 90% delle spese documentate, sostenute nel 2020 e nel 2021 ed effettuate tramite bonifico bancario o postale. Va ripartita in 10 quote annuali costanti e di pari importo. Non sono previsti limiti massimi di spesa, né un limite massimo di detrazione.

Sono incluse nell’agevolazione anche le spese correlate per le pratiche urbanistiche, spese professionali, ponteggi, IVA, bolli. Non ci sono massimali di spesa e di detrazione ma grazie all’articolo 121 del Decreto Rilancio è possibile usufruire della cessione del credito o dello sconto in fattura.
Le spese vanno pagate con bonifico parlante. Utilizzando le causali già predisposte per la ristrutturazione edilizia e per l’efficientamento energetico.