Pillole di condominio – L’amministratore accede alle proprietà private

L’amministratore ha diritto di accedere alle proprietà esclusive quando ciò sia necessario per la tutela delle parti comuni.

Capita spesso, infatti, che l’amministratore, da solo o con tecnici, abbia la necessità di effettuare dei sopralluoghi per risolvere problematiche legate alla gestione delle parti comuni.

Di fronte a tale richiesta, il condòmino è obbligato a collaborare, facendolo entrare nella propria abitazione, anche se questo indubbiamente può creare dei disagi.

Tuttavia, in tali casi i proprietari non possono sottrarsi dal prestare la propria collaborazione per la risoluzione della questione che riguarda le parti comuni.

In caso contrario, il legale rappresentante del condominio può ottenere tutela in sede giudiziaria così come disposto dall’art. 843 del Codice Civile.

Questa disposizione impone al proprietario di consentire l’accesso alle unità immobiliari in proprietà esclusiva al fine della manutenzione di beni o servizi comuni.

L’accesso deve essere consentito all’ amministratore, quale legale rappresentante del condominio, e ai tecnici o al personale dal medesimo incaricato.

Aspetto centrale per determinare in quali casi il singolo condomino sia obbligato a dare il proprio assenso all’accesso di terzi al proprio appartamento è sicuramente quello del carattere necessario dell’adempimento ai fini della manutenzione del bene comune.

Fonte: https://www.condominioweb.com/accesso-dellamministratore-alle-proprieta-private.18666

Pillole di Condominio – WhatsApp per Amministratori di Condominio

Come utilizzare WhatsApp per Amministratori di Condominio? Come gestire tutte le comunicazioni in entrata, segmentando conversazioni e task?

WhatsApp, essendo una app di messaggistica, può diventare uno strumento molto potente per il tuo studio condominiale. Vediamo come…

1. Utilizzare WhatsApp classico

WhatsApp è l’app di messaggistica forse più famosa e diffusa al mondo. Viene utilizzata praticamente da tutti, anche da professionisti per lavoro.

Fai attenzione, però, a non commettere questo errore: non utilizzare la chat di WhatsApp collegata al tuo numero personale:

  1. Essendo il tuo numero personale non potrai far utilizzare il cellullare ad altre persone (come ai membri del tuo team)
  2. Il numero di WhatsApp viene comunicato in chiaro a tutti i destinatari dei messaggi; ciò significa che tutti i condòmini avranno il tuo numero personale e potranno disturbarti in qualsiasi momento

Cosa fare quindi?

Acquista un nuova SIM, con un numero dedicato esclusivamente al tuo ufficio di amministrazione condominiale e collega WhatsApp a questo numero.

2. Utilizzare WhatsApp Business

Il modo migliore di utilizzare WhatsApp per Amministratori di Condominio non è nella sua versione classica, ma in quella Business.

Questa è proprio un’altra app, praticamente identica alla prima, ma pensata per le aziende.

Con WhatsApp Business potrai aggiungere al profilo una descrizione dell’attività, gli orari di apertura, l’indirizzo fisico del tuo ufficio di amministrazione condominiale e altri dati di contatto.

Puoi organizzare le chat con etichette personalizzate che ti aiuteranno a segmentare le varie chat e organizzare i compiti. Infatti un utilizzo sensato di WhatsApp è quello di pensare alle varie chat come to do list, ed etichettarle a seconda dello stato di completamento del compito richiesto dal condòmino.

Inoltre puoi anche creare delle mini risposte automatiche per quando magari sei in riunione e non puoi fisicamente rispondere. Questo ti aiuterà ad essere sempre presente anche senza esserci!

Fonte: https://amministratoredigitale.com/come-utilizzare-whatsapp-per-amministratori-di-condominio/

 

Pillole di condominio – L’articolo 1102 c.c.

Decidere di avviare azioni legali nei confronti di un altro condomino che ha apportato una modifica alle parti comuni non è sempre la scelta più giusta.

Bisogna prima effettuare un’attenta valutazione dei costi e dei rischi al fine di proseguire con maggior cognizione.

Discrezionalità del magistrato

Le norme condominiali sono soggette all’interpretazione dei giuristi e un principio affermato dal codice civile può essere letto in modi totalmente differenti.

Tale discrezionalità emerge ancora di più quando affrontiamo tematiche quali la “violazione del decoro architettonico” o quando il giudicante si trova di fronte a soluzioni architettoniche peculiari le quali rendono indubbiamente più difficile la ripartizione di una spesa.

Ambito di applicazione dell’art. 1102 c.c.

L’articolo 1102 c.c. prevede la possibilità per ogni condomino di utilizzare le parti comuni purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso. Ritengo che nel corso degli ultimi quindici anni le maglie dell’art. 1102 c.c. si siano allargate fino a ritenere lecite modifiche che prima non erano considerate tali.

Ad esempio, la giurisprudenza maggioritaria ritiene che il singolo condominio possa:

-apporre una canna fumaria sulla facciata,

-trasformare una finestra in porta finestra,

-realizzare una piccola terrazza a tasca,

-realizzare un’apertura sulla pubblica via (…).

Ovviamente tali opere sono soggette a tutti i vincoli previsti dalla legge (1120 c.c. e 1102 c.c.) e ogni caso è oggetto di valutazione specifica.

Pillole di condominio – L’estraneo al condominio in assemblea

 

Accade spesso che un condomino, con il preciso intento di tutelare meglio i suoi interessi, voglia presenziare alla riunione con un legale. La presenza di estranei, soprattutto se occulti, costituisce un vero problema sotto il profilo del rispetto della privacy.

Estraneo in assemblea: la posizione del Garante

Si deve rilevare che l’illecita comunicazione a terzi di dati personali riferiti ai partecipanti al condominio è realizzabile mettendo a disposizione di terzi dati personali riportati nei prospetti contabili.

L’ipotesi, però, che si può verificare maggiormente è la presenza in assemblea di soggetti non legittimati a parteciparvi. Tali soggetti (se individuati) devono essere allontanati dal presidente dell’assemblea o, ancora prima, dallo stesso amministratore o dai condomini.

Il discorso può anche riguardare coloro che ricoprono la qualifica di soci nell’ambito di una società incaricata dell’amministrazione dello stabile.

Il Garante ha osservato che se l’amministrazione della società, per determinazione dei soci, risulta affidata soltanto ad un amministratore unico, non sussistono i presupposti per legittimare i soci non amministratori a presenziare alle assemblee del condominio.

In ogni caso, se questi abusivi sono riusciti a “captare” qualche informazione devono astenersi dal divulgarla a terzi: in caso contrario commetterebbero un reato (art. 167 Codice della Privacy).

I tecnici e consulenti incaricati dal condominio

Il Garante ha chiarito che in determinati casi è permesso anche a soggetti, diversi dai condomini, di partecipare all’assemblea dei condomini. A titolo esemplificativo si menzionano “tecnici o consulenti chiamati a relazionare su specifici lavori da svolgere” oltre alle altre eccezioni normativamente previste (es. gli inquilini).

Tuttavia, precisa che tali soggetti, qualora l’assemblea condominiale ne ritenga necessaria la presenza, potranno rimanere solo per il tempo necessario a trattare lo specifico punto all’ordine del giorno per il quale è richiesta la consulenza vademecum. Capita spesso, però, che un avvocato o un tecnico si presenti assieme al condomino.

In tal caso si ritiene che, indipendentemente dalla qualifica professionale, egli rappresenti un soggetto estraneo alla compagine condominiale e non sia ammessa la sua partecipazione, pena la lesione della privacy dei condomini (a meno che l’estraneo non sia espressamente autorizzato a stare in assemblea da tutti gli altri condomini.

Rimane fermo, però, che anche il “non condomino”, autorizzato a partecipare, debba astenersi dal comunicare a terzi le questioni e i dati appresi mentre era in riunione. Si tenga presente che il regolamento condominiale può contenere regole più rigorose a tutela della privacy dei condomini durante l’assemblea.

In ogni caso, quanto detto finora non può valere nei confronti dell’estraneo che partecipa all’assemblea per delega di un condomino.

Assemblea on line e abusivi nella stanza del condomino

La presenza di un estraneo in assemblea potrebbe essere facilitata dalla nuova normativa sull’assemblea on line. Non si può escludere che un soggetto collegato da casa venga anche involontariamente a sentire informazioni e dati sensibili del titolare dell’abitazione o di altri condomini.

Sarà compito del proprietario evitare “questo inconveniente”, mentre si ricorda che è reato registrare conversazioni alle quali non si partecipa (art. 615 bis c.p.), come ad es. nel caso di un registratore lasciato acceso in una stanza.

Estraneo abusivamente presente e riflessi sulle delibere

Merita di essere ricordato che la Corte di Cassazione, rifacendosi ad un precedente provvedimento, ha ribadito che “la partecipazione ad un’assemblea di condominio di un soggetto estraneo ovvero privo di legittimazione non inficia la validità della costituzione dell’assemblea e delle decisioni ivi assunte ma ciò soltanto se risulta che tale partecipazione non ha influito né sulla richiesta maggioranza e sul prescritto quorum, né sullo svolgimento della discussione e sull’esito della votazione.

Nel caso di specie, una società, non condomina e quindi “estranea al consesso assembleare”, aveva partecipato all’assemblea. Nel corso dei giudizi di merito, però, è emersa – in conformità ai principi espressi dalla stessa Suprema Corte – l’ininfluenza di quella partecipazione in relazione alla delibera impugnata.

Gli ermellini hanno confermato la decisione impugnata, evidenziando anche come nel provvedimento oggetto di ricorso gli argomenti portati in assemblea dalla società estranea fossero stati disattesi dai condomini (Cass. civ., sez. II, 30/11/2017, n. 28673).

Pillole di condominio – Assicurazione condominiale, denuncia tempestiva e copertura del danno

Assicurazione condominiale, denuncia tempestiva e copertura del danno

È obbligatorio denunciare il sinistro all’assicurazione tempestivamente. In caso di ritardo, non necessariamente si perde l’indennizzo.

La cosiddetta polizza fabbricati è indubbiamente molto utile. In questo modo, infatti, il condominio è coperto per i danni provocati dai beni comuni a carico dei terzi.

Poiché in tale categoria rientrano anche i vari residenti nel fabbricato e visto che i sinistri sono molto frequenti, l’assicurazione è, praticamente, indispensabile.

Si è osservato, però, nell’esperienza comune che, soprattutto in presenza di indennizzi di una certa rilevanza, la compagnia assicuratrice è restia a riconoscere quanto, potenzialmente, dovuto e/o ad ammettere la propria responsabilità.

Ad esempio, nella vicenda esaminata dalla Corte di Appello di Palermo e culminata con la sentenza n. 1428 del 01 settembre 2021, l’eccezione sollevata dall’assicurazione ha riguardato la tempestività della denuncia.
È stato, infatti, sostenuto che il condominio non avesse puntualmente informato l’assicuratore di un sinistro avvenuto nel fabbricato. Per questa ragione, la compagnia ha negato ogni addebito.

Sono stati, pertanto necessari due gradi di giudizio per accertare la responsabilità del condominio, quantificare i danni verificatisi e stabilire se, in base alla polizza in essere, fosse possibile condannare l’assicurazione convenuta in giudizio, quale terzo chiamato in garanzia.

Veniamo, quindi, al caso concreto.

Assicurazione condominiale, denuncia tempestiva e copertura del danno: il caso concreto

In un edificio palermitano, provenienti dalla tubatura condominiale deputata al passaggio dell’acqua per il riscaldamento, delle infiltrazioni avevano provocato degli ingenti danni a carico di un appartamento di un condòmino.

La natura del pregiudizio, il tipo di intervento da realizzare e la quantificazione della somma necessaria al compimento della riparazione erano stati oggetto di una Ctu.

Al termine della stessa, accertata la responsabilità del condominio, quale custode del bene comune danneggiante, il Tribunale di Palermo aveva condannato l’ente al risarcimento del danno o, alternativamente, ad eseguire i lavori necessari ad eliminare le infiltrazioni e a ripristinare l’appartamento rovinato.

La predetta decisione, però, aveva escluso ogni addebito alla compagnia assicuratrice del fabbricato. Secondo l’ufficio siciliano, questa non era tenuta ad indennizzare il condominio, visto che non era stata tempestivamente informata del sinistro, in violazione degli artt. 1913 e 1915 del codice civile. L’appello proposto dall’ente era diretto a capovolgere, anche, tale conclusione.

In particolare, l’appellante sosteneva e documentalmente dimostrava di essersi, prontamente, attivato per denunciare alla compagnia i fatti oggetto della controversia. Anche in sede di ricezione dell’atto di citazione, l’assicurazione era stata, puntualmente, avvisata.

Insomma, secondo il condominio, la sentenza di primo grado era stata superficiale, poiché il ritardo era stato marginale, non era stato determinato da alcuna colpa o dolo dell’assicurato e, comunque, la citata compagnia non aveva provato nulla in tal senso.

A quanto pare, la Corte di Appello di Palermo, almeno da questo punto di vista, ha dato ragione all’appellante, pur respingendo l’impugnazione per altri motivi.

Contratto di assicurazione e denuncia del sinistro: la normativa

Secondo il codice civile, in caso di sinistro, l’assicurato deve informare l’assicuratore entro tre giorni «L’assicurato deve dare avviso del sinistro all’assicuratore o all’agente autorizzato a concludere il contratto, entro tre giorni da quello in cui il sinistro si è verificato o l’assicurato ne ha avuta conoscenza (Art. 1913 cod. civ.)».

L’adempimento di questo obbligo è molto importante. Secondo la legge, infatti, qualora il contraente ometta, fraudolentemente o colposamente, di denunciare l’accaduto alla compagnia, questa può essere totalmente o parzialmente esonerata dal riconoscimento dell’indennizzo «L’assicurato che dolosamente non adempie l’obbligo dell’avviso o del salvataggio perde il diritto all’indennità.

Se l’assicurato omette colposamente di adempiere tale obbligo, l’assicuratore ha diritto di ridurre l’indennità in ragione del pregiudizio sofferto (Art. 1915 cod. civ.)».

Pertanto, ad esempio, in caso di infiltrazioni a danno di un appartamento privato in condominio, l’amministratore deve attivarsi, tempestivamente, per informare l’assicurazione.

Bisogna capire, però, se un semplice ritardo in tale avviso è sufficiente a determinare la perdita dell’indennizzo. A quanto pare, per la giurisprudenza sono necessari altri presupposti.

Sinistro e denuncia tardiva: si devono dimostrare dolo o colpa e pregiudizio sofferto

In caso di sinistro, come nell’ipotesi oggetto della sentenza in commento, può accadere che l’assicurazione sia informata dei fatti qualche tempo dopo i fatidici tre giorni stabiliti dalla legge. Ebbene, secondo la giurisprudenza, questo lieve ritardo non giustifica la perdita dell’indennizzo.

Troviamo conferma di queste affermazioni in quel passaggio della decisione della Corte di Appello di Palermo in cui si precisa che « affinché l’assicurato possa ritenersi inadempiente all’obbligo, imposto dall’art. 1913 c.c., di dare avviso del sinistro all’assicuratore, occorre accertare se l’inosservanza abbia carattere doloso o colposo, atteso che, mentre nel primo caso l’assicurato perde il diritto all’indennità, ai sensi dell’art. 1915, comma 1, c.c., nel secondo l’assicuratore ha diritto di ridurre l’indennità in ragione del pregiudizio sofferto, ai sensi dell’art. 1915, comma 2 c.c.; in entrambe le fattispecie l’onere probatorio grava sull’assicuratore, il quale è tenuto a dimostrare, nella prima, l’intento fraudolento dell’assicurato e, nella seconda, che l’assicurato volontariamente non abbia adempiuto all’obbligo ed il pregiudizio sofferto (cfr. Cass. Civ., Sez. III, 30.09.2019 n. 24210)».

È necessario, quindi, che il ritardo nella denuncia di sinistro sia caratterizzato da un intento fraudolento oppure colposo. In quest’ultimo caso è, altresì, indispensabile che l’assicuratore abbia subito un pregiudizio. Infine, sempre e comunque, la compagnia è onerata della prova di tali circostanze.

Pillole di condominio – Cosa fare quando un inquilino non paga le spese condominiali

Cosa fare quando un inquilino non paga le spese condominiali?

Anche se spesso lo sfratto per morosità è determinato dal mancato pagamento del canone d’affitto, la legge prevede che allo stesso risultato si possa giungere se l’inquilino non paga le spese condominiali.

Sul conduttere, infatti, gravano i contributi e le spese per la manutenzione delle cose comuni e per i servizi condominiali.

Ma quando materialmente è possibile sfrattare l’inquilino che non paga il condominio, dopo quanto tempo ed a quali condizioni? Cosa rischia il padrone di casa se l’amministratore non riesce a riscuotere le quote relative al suo appartamento? Ecco alcuni chiarimenti.

Affitto: quando pagare le spese condominiali?

L’affittuario può essere tenuto a pagare le spese condominiali (i cosiddetti oneri accessori) solo se il contratto di locazione è stato regolarmente registrato, ossia “denunciato” all’Agenzia delle Entrate.

Difatti, in caso di affitto in nero, tutte le clausole in esso riportate per iscritto o concordate a voce non hanno alcuna validità. Sicché, sarà inefficace anche l’impegno assunto dal conduttore di pagare il condominio e, nel caso di inadempimento nel versamento delle spese, non si procede ad alcuno sfratto.

Affitto: chi paga le spese condominiali?

Il contratto d’affitto può stabilire come ripartire gli oneri accessori – ossia le spese condominiali – tra locatore e inquilino. È anche possibile fissare una percentuale à forfait a carico di quest’ultimo, uguale quindi per tutti i mesi, a prescindere dai consumi effettivi.

In ogni caso, non è possibile addebitare all’inquilino le spese straordinarie, quelle cioè non periodiche ma legate a lavori di ristrutturazione, alle innovazioni o alla sostituzione di strutture condominiali (si pensi all’acquisto di un nuovo impianto di riscaldamento centralizzato, al rifacimento del tetto, alla riparazione dell’ascensore rotto, e così via).

Se il contratto di locazione non prevede nulla in merito alla ripartizione spese condominiali, queste gravano sul conduttore limitatamente alle spese relative a:

  • servizio di pulizia,
  • funzionamento e per l’ordinaria manutenzione dell’ascensore,
  • fornitura dell’acqua, dell’energia elettrica, del riscaldamento e del condizionamento dell’aria, allo spurgo dei pozzi neri e delle latrine;
  • fornitura di altri servizi comuni;
  • servizio di portineria (a carico del conduttore nella misura del 90%, salvo che le parti abbiano convenuto una misura inferiore).

Quando deve avvenire il pagamento delle spese condominiali?

L’inquilino deve pagare le spese condominiali entro 2 mesi da quando il locatore gliene fa richiesta. Prima di pagare, però, può chiedere che gli venga esibita tutta la documentazione da cui ricostruire le spese a lui imputabili e i relativi calcoli effettuati.

A tal fine, il locatore dovrà farsi rilasciare i giustificativi di spesa dall’amministratore.

Si può sfrattare l’inquilino che non paga il condominio?

Se lo sfratto per il mancato pagamento del canone può scattare già dopo un ritardo di soli 20 giorni di una singola mensilità, per quanto riguarda gli oneri accessori sono necessarie due condizioni: un ritardo di almeno 60 giorni e un importo superiore ad almeno due mensilità dell’affitto.

Solo se sussistono tali requisiti il locatore può rivolgersi al tribunale per ottenere una intimazione di sfratto per morosità.

Come sfrattare l’inquilino moroso?

Come anticipato, la procedura di sfratto è identica indipendentemente dal tipo di debito maturato dall’inquilino (se per canone o per condominio). Tutto parte da un atto di citazione, notificato dall’avvocato del locatore al conduttore per il tramite dell’ufficiale giudiziario).

In esso è indicata la data dell’udienza a cui presentarsi dinanzi al giudice. In quella sede, l’inquilino che copre il debito evita lo sfratto. Potrebbe anche chiedere un termine di 90 giorni per recuperare i soldi. Ma, se neanche al termine di essi adempie, lo sfratto viene dichiarato esecutivo.

All’inquilino è comunque concesso presentare opposizione all’ordine di sfatto, tramite un avvocato, così aprendo un processo nel processo.

Cosa rischia il padrone di casa se l’inquilino non paga il condominio?

L’obbligo dell’inquilino di pagare le spese condominiali sussiste solo nei confronti del locatore (con cui del resto ha firmato la scrittura privata e ha quindi un rapporto contrattuale in corso) e non con il condominio, non essendo egli un condòmino (tale qualità spetta solo al proprietario dell’appartamento).

Ragion per cui, se l’affittuario non paga il condominio, l’amministratore può agire solo nei confronti del locatore, vero ed unico debitore della prestazione, salvo poi il diritto di quest’ultimo di rivalersi nei confronti del suo inquilino.

Attenzione però: se il pagamento delle spese condominiali si prescrive in 5 anni per il condòmino (nel nostro caso, il locatore), la prescrizione degli oneri accessori in capo all’inquilino è di soli 2 anni.

Questo significa che, se l’amministratore si dovesse muovere solo alla scadenza dei termini nei confronti del condomino questi potrebbe perdere la possibilità di farsi rimborsare le spese dall’affittuario.

Se dunque è vero che l’amministratore può riscuotere soltanto nei confronti del condomino, restando esclusa un’azione diretta nei confronti del conduttore, da qui scaturisce l’interesse del locatore ad agire per la risoluzione della locazione.

Pillole di condominio: Green Pass in condominio

Con il decreto Green Pass n. 127/2021 si stabiliscono anche le regole, relative all’obbligo di esibire la certificazione verde, nell’ambito delle realtà condominiali. Non vi sono in realtà delle norme specifiche attraverso le quali si definisce nel dettaglio in quali contesti nei condomini è richiesto il pass, ma è possibile comunque trarne un vero e proprio regolamento.

Partiamo dagli obblighi in capo all’amministratore di condominio, che ricoprirà il ruolo del datore di lavoro nell’ambito dell’applicazione delle norme sul Green Pass, nei casi in cui vi siano dei dipendenti, e diviene invece committente nel momento in cui vengono commissionati un appalto o un contratto d’opera.

L’amministratore del condominio diventa poi mandatario nel quando affida l’incarico ad un professionista per una data opera intellettuale, e infine riveste il ruolo di acquirente all’atto di acquisire forniture di beni e servizi.

Green Pass: obblighi per amministratore e dipendenti del condominio

L’articolo 3, comma 1 del decreto legge n. 127/2021 – che introduce l’articolo 9-septies nel decreto legge 22 aprile 2021, numero 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 87/2021 – stabilisce che “a chiunque svolge attività lavorativa nel settore privato è fatto obbligo, ai fini dell’accesso nei luoghi in cui la predetta attività è svolta, di possedere e di esibire su richiesta la certificazione verde Covid-19”.

Tra chi è tenuto ad esibire il Green Pass, se richiesto e quanto meno all’amministratore, nell’ambito della realtà condominiale è ad esempio l’addetto al servizio di portierato o di vigilanza ma anche coloro che con il condominio abbiano un rapporto di lavoro dipendente.

Ci sono però altre situazioni che necessitano di essere meglio definite, come il caso di una prestazione nelle parti comuni, ad esempio con assegnazione in appalto. In questo caso il controllo del green pass spetta al datore di lavoro dell’azienda in quanto esterna e indipendente dal condominio.

Tuttavia vi sono obblighi anche a carico del committente, cioè quelli definiti dall’articolo 26 del Dlgs 81/2008 inerenti la verifica dell’idoneità tecnico professionale “dell’impresa appaltatrice o dei lavoratori autonomi della stessa ai sensi dell’articolo 47 del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al Dpr 445/2000”.

Eppure sulla figura dell’amministratore il decreto non entra nel dettaglio, e non vi è traccia di chiarimenti neppure nella pagina delle FAQ sul sito del ministero dove viene specificato solo che “il libero professionista quando accede nei luoghi di lavoro pubblici o privati per lo svolgimento della propria attività lavorativa viene controllato dai soggetti previsti dal decreto legge 127/2021”.

Ciò vuol dire che accedendo negli ambienti del condominio è tenuto a rispettare tutte le norme in vigore nell’ambito della cosiddetta emergenza Coronavirus, compreso l’utilizzo delle mascherine protettive.

Obbligo di Green Pass per assemblea condominiale?

Non ci sono invece obblighi legati al possesso e all’esibizione del Green Pass nel contesto dell’assemblea di condominio. Infatti i partecipanti, stando a quanto si legge nel decreto, non sono tenuti ad avere il pass, a meno che la riunione non si svolga in luogo chiuso in ristoranti, istituti e luoghi di cultura, centri culturali, sociali e ricreativi, strutture ricettive.

Il pass verde non è obbligatorio quindi per l’assemblea condominiale in sé, ma è legato al luogo in cui si svolge, e subentra nel momento in cui questa si tiene nei luoghi indicati all’articolo 3, comma 1, lettera a, c, d, g del dl 105/2021.

Il controllo del Green Pass quindi in questi casi non spetta all’amministratore del condominio, bensì al titolare o al personale da lui predisposto, dell’attività commerciale, o in generale al gestore di altro luogo rientrante tra quelli sopra citati.

In merito allo specifico tema delle riunioni di condominio però non arrivano indicazioni né dal Cts, né dall’Istituto Superiore di Sanità. Resta da spiegare in modo inequivocabilmente chiaro come ci si debba comportare nell’ambito di assemblee condominiali in spazi comuni del condominio stesso o presso lo studio dell’amministratore di condominio.

Tuttavia dal momento che la riunione di condominio non è configurabile come incontro di lavoro, sembrerebbe chiaro che la legge attualmente in vigore non impone nessun obbligo di Green pass per i partecipanti.

Gli obblighi in capo all’amministratore di condominio che organizza l’assemblea e al presidente che conduce la stessa, sono circoscritti all’aspetto della sicurezza in chiave anti-contagio. Ciò vuol dire che rimane l’obbligo di indossare la mascherina in ambienti chiusi, la sanificazione degli ambienti e il rispetto delle altre norme valide per l’accesso nei luoghi chiusi.

Pillole di condominio – L’incendio di Milano: la gestione della sicurezza antincendio

Dopo l’incendio del 29 agosto scorso, che ha distrutto un edificio condominiale a Milano, il sottosegretario all’Interno Carlo Sibilia ha dichiarato all’Ansa che: «L’innesco del rogo è da accertare ma sembrerebbe che la veloce propagazione delle fiamme sia legata al cappotto termico dell’edificio, il rivestimento esterno dell’edificio».

L’evento conduce quindi a riflessioni quanto mai attuali rispetto alle normative in tema di alla sicurezza antincendio delle facciate condominiali, anche alla luce del fatto che i lavori per il cappotto, agevolati dal superbonus, sono stati già approvati in un gran numero di edifici o sono in via di approvazione.

Le previsioni del Dl Rilancio
L’articolo 119, alla lettera a, prevede, che il superbonus opera anche per la realizzazione di: «a) interventi di isolamento termico delle superfici opache verticali, orizzontali e inclinate che interessano l’involucro dell’edificio con un’incidenza superiore al 25 per cento della superficie disperdente lorda dell’edificio o dell’unità immobiliare situata all’interno di edifici plurifamiliari che sia funzionalmente indipendente e disponga di uno o più accessi autonomi dall’esterno. …».

Ma cosa è il cappotto e con quali materiali è utilizzato? Per migliorare l’efficienza energetica di un edificio si avvolge lo stesso in un rivestimento isolante proprio allo stesso modo in cui d’inverno indossiamo un cappotto. I pannelli più utilizzati sono di origine naturale, come quelli in fibra di legno o vetro, sughero e lana di roccia.

L’edificio a Milano era rivestito con pannelli di polistirene espanso, ampiamente utilizzati in edilizia come soluzione ottimale per l’isolamento termico degli edifici: sono leggeri e atossici, in inverno trattengono di più il calore all’interno della casa e in estate permettono di mantenere più a lungo il fresco. L’isolamento termico a cappotto in EPS riduce i movimenti interstrutturali degli edifici, contrastando la formazione di crepe.

Inoltre, il polistirene protegge la muratura dagli agenti atmosferici riducendo così anche il ricorso alla manutenzione straordinaria delle pareti. Non è un materiale ignifugo l’Eps, ma leggiamo sui siti specializzati che un pannello in EPS inizia ad ammorbidirsi ed a diventare viscoso quando si raggiungono i 100°C.

La normativa antincendio

Come proteggersi dunque? La realizzazione del cappotto termico alla facciata è condizionata dalle previsioni contenute nel Decreto ministeriale del 25 gennaio 2019, avente ad oggetto la gestione della sicurezza antincendio, classificata in quattro livelli di prestazione (LP) differenziati per tipo di edificio, a seconda della rispettiva altezza. La normativa ha effetto sia per gli edifici di nuova costruzione, sia gli interventi sull’esistente che comportano il rifacimento di oltre la metà della superficie complessiva delle facciate.

I requisiti di sicurezza antincendio delle facciate sono valutati avendo come obiettivo principale quello di limitare la probabilità di propagazione di un incendio (il che implica una valutazione preliminare del rischio incendi), di fiamme o fumi caldi sia internamente all’edificio in senso verticale ed orizzontale, sia dall’esterno verso l’interno e viceversa.

Un’altra prescrizione prevista dalla normativa è proprio quella di evitare o limitare, in caso d’incendio, la caduta di parti di facciata (frammenti di vetri o di altre parti comunque disgregate o incendiate) che possono compromettere l’esodo in sicurezza degli occupanti l’edificio e l’intervento delle squadre di soccorso.

Il rinvio di sei mesi degli adempimenti causa Covid

Va rammentato, tuttavia, che l’entrata in vigore del decreto ministeriale è stata, in parte, sospesa per le opere da realizzare negli edifici con altezza antincendio superiore a 12 metri (cioè quelli facenti capo ai LP1 e LP2 come l’edificio distrutto dalle fiamme a Milano), in ordine a taluni tipi di intervento.

L’articolo 63 bis del Decreto legge 14 agosto 2020, numero 104 coordinato con la legge di conversione 13 ottobre 2020, numero 126 recante: «Misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell’economia» ha infatti stabilito che: «è rinviato di sei mesi dal termine dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri il termine per gli adempimenti e adeguamenti antincendio previsti per il 6 maggio 2020, di cui all’articolo 3, comma 1, lettera b, del decreto del ministro dell’Interno 25 gennaio 2019, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale numero 30 del 5 febbraio 2019».

Sul piano più generale rispetto la materia della prevenzione incendi negli edifici condominiali, l’articolo 103, comma 2 della legge 24 aprile 2020, numero 27, ha stabilito che: tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni, segnalazioni certificate di inizio attività, attestazioni di rinnovo periodico di conformità antincendio e atti abilitativi comunque denominati, in scadenza tra il 31 gennaio e il 31 luglio 2020, conservano la loro validità per i novanta giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza.

Il problema, per l’amministratore della «Torre Moro», sarà quanto meno quello di avere in ordine almeno il certificato prevenzione incendi e di aver verificato i corretti adempimenti della manutenzione degli impianti antinceendio.

Ma tutto questo sarà sicuramente oggetto di perizie e controperizie, perché la probabilità che le assicurazioni si tirino indietro adducendo la «colpa grave» negli adempimenti è tutt’altro che remoto, dato un primo bilancio sulla base delle notizie e degli enormi importi da risarcire.

 

Fonte:  https://www.quotidianocondominio.ilsole24ore.com/

Pillole di condominio: Bonus facciate

Bonus facciate: Cos’è?

Il bonus facciate è un’agevolazione fiscale che consiste in una detrazione d’imposta del 90% per interventi finalizzati al recupero o restauro della facciata esterna degli edifici esistenti, di qualsiasi categoria catastale, compresi gli immobili strumentali. Gli edifici devono trovarsi nelle zone A e B, individuate dal decreto ministeriale n. 1444/1968, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai regolamenti edilizi comunali.

A chi spetta?

Possono usufruire dell’agevolazione tutti i contribuenti, residenti e non residenti nel territorio dello Stato, soggetti Irpef e soggetti passivi Ires, che possiedono a qualsiasi titolo l’immobile oggetto di intervento. La detrazione non spetta a chi possiede esclusivamente redditi assoggettati a tassazione separata o a imposta sostitutiva.
Quindi ne possono beneficiare diritto sia i proprietari, nudi proprietari, usufruttuari che i locatari o comodatari residenti e non residenti in Italia.

Ne possono usufruire sia persone fisiche che imprese. E’ valido anche per chi possiede l’immobile ma non ha reddito o IRPEF accedendo all’agevolazione grazie alla possibilità di fruire dello sconto in fattura e della cessione del credito.

Che tipo di intervento?

L’agevolazione comprende tutti gli interventi di recupero e restauro che devono necessariamente riguardare edifici esistenti di qualsiasi categoria catastale.

Sono ammessi al beneficio esclusivamente gli interventi sulle strutture opache della facciata, su balconi o su ornamenti e fregi, compresi quelli di sola pulitura o tinteggiatura esterna. Nello specifico si può trattare di lavori di consolidamento e rinnovamento, pulitura e tinteggiatura. Sono compresi anche i balconi, i fregi, gli ornamenti, i parapetti, i cornicioni.

La detrazione non spetta, invece, per gli interventi effettuati sulle facciate interne dell’edificio, se non visibili dalla strada o da suolo ad uso pubblico.

Quali sono gli interventi ammissibili:

– pulitura e tinteggiatura esterna delle superfici opache verticali;

– interventi su balconi, ornamenti, fregi. Compreso il rifacimento della pavimentazione e il rinnovo dei parapetti;

– interventi sulla facciata che interessano dal punto di vista termico o su una superficie di intonaco superiore al 10% della totale disperdente lorda. È quindi possibile realizzare il cappotto o ripristinare una certa superficie di intonaco accedendo al 90%, ma rispettando determinati indici;

– interventi sulle lattonerie e sulle parti impiantistiche da sistemare per il decoro urbano (limitatamente a quelle insistenti sulle parti opache delle facciate).

Per quali spese?

La detrazione è riconosciuta nella misura del 90% delle spese documentate, sostenute nel 2020 e nel 2021 ed effettuate tramite bonifico bancario o postale. Va ripartita in 10 quote annuali costanti e di pari importo. Non sono previsti limiti massimi di spesa, né un limite massimo di detrazione.

Sono incluse nell’agevolazione anche le spese correlate per le pratiche urbanistiche, spese professionali, ponteggi, IVA, bolli. Non ci sono massimali di spesa e di detrazione ma grazie all’articolo 121 del Decreto Rilancio è possibile usufruire della cessione del credito o dello sconto in fattura.
Le spese vanno pagate con bonifico parlante. Utilizzando le causali già predisposte per la ristrutturazione edilizia e per l’efficientamento energetico.

Pillole di Condominio – Installazione condizionatori

Prima di installare un condizionatore in un’unità immobiliare facente parte di un condominio, dobbiamo tener conto di molte variabili per evitare che possano seguire delle contestazioni relative alla violazione di norme contenute nel regolamento condominiale e comunale, all’alterazione del decoro architettonico dello stabile e allo scolo dell’acqua condensata

Posizionare l’unità esterna di un condizionatore sulla facciata principale di un edificio può incidere sul decoro architettonico dello stesso.

Ovviamente la violazione deve essere valutata caso per caso, non si può affermare a priori che si tratta di un comportamento illecito.

Oltre al regolamento condominiale, è necessario consultare il regolamento Comunale poiché alcuni comuni italiani hanno disposto, per regolamento, il divieto assoluto di esposizioni di qualsiasi forma di condizionatori o cavi elettrici nelle costruzioni dei rispettivi centri storici.

Bisogna avere il consenso dell’assemblea?

No, non è necessario il voto dell’assemblea che autorizzi il singolo proprietario all’installazione dell’impianto.

E’ sempre bene però che l’amministratore sia informato anticipatamente in modo che possa darne comunicazione ai condomini.

Rispettare le distanze

Per l’installazione di un impianto di climatizzazione bisogna rispettare le distanze in verticale o in appiombo (ex articolo 907 del Codice civile)

“Quando si è acquistato il diritto di avere vedute dirette verso il fondo vicino, il proprietario di questo non può fabbricare a distanza minore di tre metri, misurata a norma dell’articolo 905.
Se la veduta diretta forma anche veduta obliqua, la distanza di tre metri deve pure osservarsi dai lati della finestra da cui la veduta obliqua si esercita.

Se si vuole appoggiare la nuova costruzione al muro in cui sono le dette vedute dirette od oblique, essa deve arrestarsi almeno a tre metri sotto la loro soglia.”

Secondo questa norma, se si vuole appoggiare la nuova costruzione al muro in cui esistono vedute dirette od oblique, essa deve arrestarsi almeno a tre metri sotto la loro soglia.

Questo è necessario per garantire la veduta a chi ha finestre o balconi soprastanti.

Lo scolo dell’acqua condensata dell’unità esterna

L’acqua condensata va convogliata, ove possibile, direttamente nell’impianto idraulico del locale a servizio o recuperata in appositi contenitori, periodicamente svuotati, per evitare lo stillicidio verso altre unità immobiliari.

Sicurezza

Anche l’aspetto sicurezza non va trascurato. Per quanto riguarda questo tipo di lavori è sempre bene affidarsi a dei professionisti. Il condizionatore, se mal posizionato, può mettere a repentaglio la sicurezza degli altri condòmini.