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Pillole di condominio: il fotovoltaico

Fotovoltaico in condominio

Oggi sono molte le famiglie italiane che hanno deciso di ricorrere ai pannelli solari fotovoltaici per produrre energia da fonti rinnovabili, ma per chi non vive in una casa singola, come funziona?

Il fotovoltaico è una soluzione ottima anche per chi vive in condominio e può essere installato sul lastrico solare, ma anche su altre parti comuni, come facciate o balaustre.

Da alcuni anni, grazie alla riforma dei condomini, l’impianto può essere sia centralizzato, quindi a servizio dell’intero edificio, che individuale e soddisfare quindi i bisogni di una singola famiglia.

Il costo dell’installazione di un impianto fotovoltaico in condominio può essere ammortizzato grazie all’autoconsumo dell’energia prodotta, che permette di risparmiare sulle bollette, e alle detrazioni fiscali di cui è possibile beneficiare.

Risparmio energetico e fonti rinnovabili in condominio

Se si decide di installare un impianto individuale, i benefici sono gli stessi di cui si può godere con un impianto in una casa singola e l’assemblea non può vietare l’installazione.

Essa può solo imporre eventuali modifiche o indicazioni per l’esecuzione dell’intervento, nel caso in cui quest’ultimo comporti rischi di qualche tipo per la stabilità, la sicurezza o decoro dell’edificio.

Nel caso in cui l’impianto sia condominiale, invece, la riforma del condominio ha introdotto una maggioranza alleggerita, che prevede la maggioranza dei presenti in assemblea, che però deve corrispondere ad almeno un terzo dei millesimi.

Con un impianto condominiale condiviso è possibile sfruttare al meglio l’energia con un autoconsumo istantaneo anche per utilizzi comuni.

Molto probabilmente l’impianto non sarà in grado di soddisfare i fabbisogni di tutti i condomini, ma potrà garantire un notevole risparmio sulle utenze comuni, come per il funzionamento degli ascensori o dell’illuminazione comune.

Pillole di condominio: L’amministratore di condominio può nominare un sostituto?

L’amministratore rappresenta il punto di riferimento di tutto il condominio: a lui ci si rivolge ogni volta che il regolamento è stato violato oppure quando si deve convocare l’assemblea.

Un buon amministratore è una garanzia per la corretta gestione dell’intero edificio e per il rispetto delle regole comuni.

Ecco perché, in caso di sua assenza temporanea, si pone il problema di come sostituirlo.

Nei condomini più piccoli, dove la gestione richiede un impegno minimo, il problema potrebbe non porsi affatto: in genere, nelle realtà di ridotte dimensioni, i condòmini si gestiscono da soli.

Le cose cambiano nei grandi edifici, dove l’attività dell’amministratore è costante.

Cosa fare in questi casi?

L’amministratore di condominio può nominare un sostituto? Scopriamolo insieme in questo nuovo articolo di #pilloledicondominio.

Cosa succede in caso di assenza temporanea?

È possibile che, durante il proprio mandato, l’amministratore sia impossibilitato a svolgere le proprie funzioni per via di un impedimento, ad esempio di una malattia, o di altro impegno indifferibile.

Cosa succede in questo caso?

Esclusa l’ipotesi di una revoca con conferimento dell’incarico ad altro amministratore, bisogna dire che la legge non esclude la possibilità che l’amministratore possa temporaneamente farsi sostituire da un’altra persona di fiducia.

Innanzitutto, il Codice civile dice espressamente che «in mancanza dell’amministratore, sul luogo di accesso al condominio o di maggior uso comune, accessibile anche ai terzi, è affissa l’indicazione delle generalità e dei recapiti, anche telefonici, della persona che svolge funzioni analoghe a quelle dell’amministratore».

Il fatto che la legge preveda la possibilità di individuare una persona che svolga le funzioni analoghe a quelle dell’amministratore fa propendere per la possibilità che l’assemblea, durante l’assenza temporanea dell’amministratore, possa conferire alcuni poteri a una figura di riferimento per svolgere alcuni incarichi, come ad esempio pagare le bollette.

In sintesi: quando l’amministratore è temporaneamente impossibilitato a svolgere le proprie mansioni, l’assemblea può incaricare un altro soggetto a eseguire alcuni compiti in sostituzione dell’amministratore, senza che ciò comporti la revoca dell’amministratore in carica.

L’amministratore può nominare un suo sostituto?

In caso di temporaneo impedimento dell’amministratore di condominio è possibile che questi proceda alla nomina di un proprio sostituto, senza coinvolgere necessariamente l’assemblea.

Poiché l’amministratore è un mandatario a tutti gli effetti, si applicano al suo incarico le norme tipiche del contratto di mandato, nel quale è ammessa la nomina di un sostituto (art. 1717 cod. civ.).

L’amministratore può dunque scegliere un proprio sostituto, a meno che ciò non gli sia vietato dal regolamento o dalla delibera con cui gli è stato conferito l’incarico.

L’amministratore, anche quando nomina un proprio vicario, conserva la sua qualità, che non viene quindi acquistata dal suo sostituto.

Ciò significa che l’amministratore sarà sempre colui che è stato scelto come tale dall’assemblea.

L’amministratore è responsabile per il suo sostituto?

L’amministratore è responsabile degli eventuali danni e inadempimenti del suo sostituto?

Dipende dalle circostanze e, in particolare, dal fatto che la sostituzione sia stata autorizzata o meno dall’assemblea.

Di seguito le diverse ipotesi:

  • se la sostituzione non è autorizzatadall’assemblea e non è nemmeno necessaria (ad esempio, perché non c’è nessun impedimento dell’amministratore), l’amministratore è responsabile dell’operato del suo sostituto;
  • se la sostituzione è autorizzatae necessaria, l’amministratore risponde solo per una sua eventuale colpa nella scelta del sostituto. In pratica, l’amministratore diventa responsabile se ha designato un soggetto non adeguato;
  • se la sostituzione è stata autorizzata dall’assemblea senza indicazione del sostituto, vale quanto detto nel precedente punto, nel senso che l’amministratore risponde solo se ha scelto un soggetto evidentemente inadeguato;
  • se la sostituzione è stata autorizzata dall’assemblea, con indicazioneanche della persona del sostituto, allora l’amministratore è esente da ogni responsabilità per l’operato di quest’ultimo. Ad esempio, l’indicazione del sostituto può avvenire nella delibera assembleare di nomina dell’amministratore.

 

Fonte:  https://www.laleggepertutti.it/543460_lamministratore-di-condominio-puo-nominare-un-sostituto

Pillole di Condominio – Formazione per gli amministratori di condominio

L’art. 71-bis disp. att. c.c. e il regolamento attuativo (d.m. n. 140/2014) impongono all’amministratore l’obbligo di aggiornarsi periodicamente per poter assumere (e mantenere) gli incarichi di gestione.

L’obbligo non ha una durata minima ma una cadenza annuale, è il corso di aggiornamento che deve avere una durata minima di quindici ore.

Poi, chiaramente, il combinato disposto di queste due norme fa si che si possa sintetizzare che l’aggiornamento annuale debba avere durata minima di 15 ore, ma non è proprio la stessa cosa.

Ai sensi dell’art. 5, secondo comma, del d.m. n. 140/2014 “gli obblighi formativi di aggiornamento hanno una cadenza annuale“.

Che cosa si deve intendere per anno?

Poiché la legge non ci dice che la cadenza annuale debba coincidere con un anno del calendario o con un anno solare, l’interpretazione del termine annuale, riferito ad un periodo di tempo di 365 giorni porta a concludere che l’obbligo di aggiornamento debba riguardare l’anno decorrente dal 9 ottobre 2014.

Seguendo questa interpretazione, pertanto, l’amministratore sarà in regola se avrà adempiuto al proprio obbligo di formazione periodica entro l’8 ottobre dell’anno successivo.

Formazione periodica, assunzione e mantenimento degli incarichi

Ai sensi dell’art. 71-bis, primo comma lett. g., disp. att. c.c. possono svolgere l’incarico di amministratore di condominio coloro svolgono attività di formazione periodica in materia di amministrazione condominiale.

Niente formazione periodica?

La nomina dev’essere considerata nulla ed ogni condomino potrà ricorrere all’Autorità Giudiziaria per vederla invalidata?

Sul punto la giurisprudenza è ondivaga. La stessa pronuncia del Tribunale di Padova citata in precedenza ha concluso per la nullità della nomina dell’amministratore non aggiornato e per di più dell’impossibilità di recuperare l’obbligo formativo dell’anno precedente, una volta scaduto.

Altra giurisprudenza, invece, conclude in maniera meno drastica in merito alle conseguenze per il caso di mancato aggiornamento, non aderendo alla tesi della nullità della delibera, ma specificando che il mancato adempimento degli obblighi formativi può portare ad una revoca dell’incarico per via giudiziale per gravi irregolarità nella gestione.

Ad avviso di chi scrive questa impostazione non coglie nel segno: il requisito dell’adempimento dell’obbligo di formazione periodicità non attiene alla regolarità/opacità della gestione, ma alla possibilità di assumere incarichi.

In definitiva, quindi, la situazione degli obblighi formativi connessa all’assunzione degli incarichi è la medesima:

a) l’amministratore di condominio deve adempiere al proprio obbligo formativo entro l’8 ottobre dell’anno successivo;

b) chi non adempie entro tale data, assumendo incarichi per l’anno successivo, rischia di vedere impugnata la propria nomina per nullità, ovvero quanto meno un procedimento per revoca giudiziale per gravi irregolarità nella gestione;

c) di conseguenza verificata questa mancanza ciascun condomino potrà agire per ottenere l’accertamento di nullità della nomina per mancanza del requisito di formazione periodica.

Formazione periodica degli amministratori di condominio

Chi vuole assumere incarichi deve:

a) aver frequentato un corso di formazione iniziale;

b) frequentare corsi di formazione periodica.

Il primo è una tantum, i secondo no.

Chi si aggiorna quest’anno lo fa anche per poter assumere incarichi l’anno successivo. Senza quest’aggiornamento l’anno successivo non potrebbero essere assunti incarichi.

L’anno successivo, nuovamente, l’amministratore dovrà aggiornarsi per assumere incarichi nell’anno seguente.

Non aggiornarsi a dovere, quindi, in linea teorica, potrebbe voler dire non potere assumere incarichi (o vederseli tolti con azione giudiziale) se nell’anno precedente non ci si è aggiornati seguendo le prescrizioni del d.m. n. 140.

Fonte: https://bit.ly/3Fkzgnc

Pillole di condominio – L’obbligo di rendiconto dell’amministratore di condominio

Obbligo di rendiconto

Il rapporto che lega l’amministratore ai condomini si può inquadrare nel mandato con rappresentanza sebbene con caratteristiche molto peculiari.

Vige, in tal senso, l’obbligo previsto dall’art. 1713 c.c. per il quale il mandatario deve rendere al mandante il conto del suo operato e rimettergli tutto ciò che ha ricevuto a causa del mandato.

Tale obbligo, nello specifico del condominio risulta da tre distinte norme:

– l’art.1130, n. 1), c.c., secondo cui l’amministratore deve convocare l’assemblea annualmente per l’approvazione del rendiconto condominiale;

– l’art.1130, n. 10) c.c., il quale aggiunge che l’amministratore deve redigere il rendiconto condominiale annuale della gestione;

– l’art. 1130-bis c.c., ove si stabilisce, infine, che il rendiconto condominiale deve contenere le voci di entrata e di uscita. Inoltre deve contenere ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili ed alle eventuali riserve.

L’obbligo del mandatario di rendere il conto è esigibile al momento in cui il mandato viene adempiuto.

Per l’amministratore tale obbligo si verifica alla scadenza di ciascun anno.

Rendiconto e mera violazione della tempistica

La tenuta del conto (art. 1130, comma 1, n. 10, c.c.) deve essere annuale e l’assemblea deve essere convocata per l’approvazione entro centoottanta giorni.

La violazione dell’obbligo e dei termini per la presentazione, se risulta essere plurima e reiterata, deve considerarsi grave e indice di cattiva gestione del condominio.

Si tratta di violazione che non consente di poter gestire correttamente l’organizzazione condominiale e di poter procedere tempestivamente ex art. 63 disp. att. c.c. nei confronti dei condomini morosi, di evitare l’aggravio di spese, di impedire l’indebitamento verso i terzi e di evitare la possibilità della prescrizione dei crediti dell’organizzazione.

Del resto prima della riforma era soggetto a revoca l’amministratore di un condominio che non aveva reso conto della sua gestione per oltre un biennio, essendo irrilevante l’eventuale morosità nel pagamento delle quote condominiali da parte dei condomini istanti.

Si noti che in alcune decisioni più recenti, cioè successive alla riforma del condominio, la mera violazione della tempistica inerente la presentazione del rendiconto, vale a dire centottanta giorni dalla data di chiusura dell’esercizio di riferimento (così come previsto dal combinato disposto degli articoli 1129-1130 c.c.) è di per se sola circostanza utile a poter decretare la revoca giudiziale dell’incarico (Trib. Taranto 21 settembre 2015).

Fonte: https://www.diritto.it/lobbligo-di-rendiconto-dellamministratore-di-condominio-aspetti-critici/